Lavorare in alta quota non fa più venire le vertigini. Lo testimonia il recente fenomeno degli smartrekkers, i camminatori con il pc nello zaino che dividono le loro giornate e le loro settimane, tra il lavoro da remoto nei rifugi e le passeggiate sui sentieri montani.
Come si diventa smartrekkers
A spiegarlo è Nicola Cortesi, meteorologo lombardo appassionato di montagna. Cortesi da anni lavora in Spagna ma grazie al lockdown dello scorso anno è diventato uno smartrekker. “Non sono un cervello in fuga, sono uno scarpone in fuga” racconta, spiegando che dopo essere rientrato in Italia, grazie allo smart working, ha iniziato a unire il lavoro alla passione per le camminate in quota.
“Invece di tornare la domenica sera a casa mi fermavo nei rifugi, evitando le fughe dalla città nel weekend e le lunghe code che le accompagnano”. Così è riuscito a lavorare da remoto girando le Alpi di rifugio in rifugio.
"Con lo smart working non si deve fare per forza una scelta tra città e montagna, si può avere uno stile di vita ibrido. Si può lavorare in un rifugio così il fine settimana si è già dove si vuole essere e senza usare l’auto” spiega.
Questo permette di avere uno stile di vita più lento e sostenibile. Una scelta di vita che ora consiglia a tutti gli appassionati di escursioni grazie a un gruppo Facebook e che in tanti stanno già abbracciando.
Uno stile di vita che riscuote successo
La comunità che Cortesi ha riunito conta già quasi 2400 persone. Il gruppo fornisce informazioni ancora poco disponibili. “Bisogna sapere quali strutture sono attrezzate e quali sono le più sostenibili” chiarisce prima di tutto. “È necessario poi scegliere che cosa portare con sé”. Ok l'equipaggiamento digitale, ma l’idea è avere lo zaino più leggero possibile. “Anche i bastoncini da montagna più leggeri fanno la differenza”, precisa l’appassionato.
Ad alimentare il (nuovo) mondo degli smartrekkers non è solo il gruppo di Cortesi, sintomo della grande richiesta di un cambiamento nello stile di vita. Ci sono start up come Borgo Office che mette in contatto una cinquantina di aziende agricole con chi vuole lavorare in mezzo alla natura, offrendo un alloggio gratuito anche in collina e in pianura. Pensa agli escursionisti da montagna invece NATwoking, che ha selezionato circa trenta strutture da cui si può lavorare come in ufficio.
Fondamentale per Cortesi è che le strutture che si scelgono abbiano, oltre all’imprescindibile wifi, una sala separata da quella comune, per non essere disturbati e non disturbare gli altri ospiti non lì per lavorare.
A volte sono i rifugi stessi a cercare gli smartrekkers. “Alcuni rifugisti hanno una mentalità più digitale che analogica” spiega Cortesi “e invitano direttamente dal proprio sito le persone a lavorare da loro”.
Ad alimentare il (nuovo) mondo degli smartrekkers non è solo il gruppo di Cortesi, sintomo della grande richiesta di un cambiamento nello stile di vita. Ci sono start up come Borgo Office che mette in contatto una cinquantina di aziende agricole con chi vuole lavorare in mezzo alla natura, offrendo un alloggio gratuito anche in collina e in pianura. Pensa agli escursionisti da montagna invece NATwoking, che ha selezionato circa trenta strutture da cui si può lavorare come in ufficio.
Fondamentale per Cortesi è che le strutture che si scelgono abbiano, oltre all’imprescindibile wi-fi, una sala separata da quella comune, per non essere disturbati e non disturbare gli altri ospiti non lì per lavorare.
A volte sono i rufugi stessi a cercare gli smartrekkers. “Alcuni rifugisti hanno una mentalità più digitale che analogica” spiega Cortesi “e invitano direttamente dal proprio sito le persone a lavorare da loro”.
La maggior parte dei rifugi sarebbero predisposti ad ospitare questo nuovo tipo di turisti ma non lo considerano come un servizio. O, peggio ancora, considerano gli smartrekker contrari allo spirito della montagna.
Una strategia win-win
Cortesi ricorda che chi va a lavorare in un rifugio non si sovrappone o ruba il posto agli escursionisti tradizionali, anzi “si complementano”. Nel weekend infatti gli smartrekkers si mimetizzano in mezzo agli altri camminatori mettendo il laptop nello zaino ed estraendo invece i bastoncini da trekking.
In questo modo, inoltre, si può decongestionare il turismo stagionale. “I rifugi devono chiudere prima perché non c’è richiesta finita l’estate, quando tutti sono tornati in ufficio” spiega Cortesi. “Invece con i nuovi nomadi digitali potrebbero tenere aperto alcuni mesi in più e molti potrebbero beneficiarne”, soprattutto nelle zone di montagna meno turistiche.
Il gruppo Facebook gestito da Cortesi cerca di unire i puntini e consigliare itinerari di più tappe segnalando strutture dove è possibile, e si spera comodo, lavorare. Sono privilegiati i rifugi dove c’è il wi-fi e ma prende anche il 4G, per non rischiare di rimanere disconnessi, per colpa di un fulmine o di una forte nevicata.
Lavorare in montagna può essere il futuro di molti
Il Trentino per esempio è molto avanti per quanto riguarda la copertura internet: la regione ha introdotto il wi-fi gratuito nelle valli, mentre in Lombardia e in altre zone montane la connessione va a macchia di leopardo.
Le prospettive nei prossimi anni però sono moltissime secondo Cortesi. “In questo decennio il digital divide diminuirà perché i satelliti porteranno la rete un po’ dappertutto”.
Il meteorologo si immagina strutture che diventeranno dei dei co-living o dei co-working in alta quota. “Per la prima volta da millenni possiamo possiamo vivere e lavorare in modo nomade”, commenta.
La strada è tracciata? Per Cortesi “questo nuovo turismo è qui per rimanere. Lo scopo del gruppo come il nostro è accelerare questo processo”. Intanto, sostiene che la qualità della sua vita sia “migliorata a dir poco. Prima lavoravo in questi uffici orribili, nulla a che vedere con un paesaggio di montagna”.
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